Conosco il segreto d'un nano maligno che cela una gemma in un fetido scrigno di legno bagnato che odora di vecchio, sul fondo d'un pozzo, legato ad un secchio.
La pietra preziosa, per nero disegno, che un tempo era stata nel gozzo d'un cigno, sottratta ad un mago e smarrita da un orco finì tra le ghiande e inghiottita da un porco.
Il nano era stato al servizio d'un ricco signore che un tempo il suo cappuccio nero gli rubò. Ma il ricco gentiluomo ha pagato il fatidico errore, chè ruzzolando per le scale il collo si spezzò.
La gemma, tesoro del perfido nano, cacata in un chiostro, nascosta da un ramo, trovata da un frate e donata a un pittore finì tra le mani del ricco signore. I nani si sa che son gente molesta, che pietre e gioielli gli danno alla testa e quel nano che infine la pietra si prese, controlla il prezioso ogni fine di mese ma un tale vede il nano che ripone il tesoro nel secchio e di gabbarlo un grosso vanto se ne fà, lo coglie all'improvviso, con la mano gli tira un orecchio –Tu scendi dentro al pozzo poi la gemma tira qua!-.
La corda ch'è marcia che a poco si spezza ad un tocco di geco o farfalla carezza fa sì che non tenti la fuga l'ometto o gli pianti alla schiena un aguzzo stiletto.
La luna che illumina l'acqua stagnante del pozzo non basta a far luce un istante che il secchio che ondeggia col peso del nano si sposta sull'ombra –Dannato, fai piano!-.
Il nano è fuggito sottoterra, da un buco nel pozzo e sghignazzando colla pietra se ne và. E il povero minchione a gridare: -Bastardo, ti sgozzo!-. E il nano lo spernacchia, colla mano? Non si sa.