Ritornando su strade congiunte,
da incredibili gangli,
i rostri lambivano mura bianche
come cenere ai prati,
cornici di finestre moresche
tra torbide acque di fiumi.
Superbo il momento, superbo il luogo,
voglio riviverlo ancora.
Una sedia di vimini pronta
per soddisfare ogni archetipo sogno,
lo sguardo languido era rivolto
al corpo gravido ed insolente.
Per difendere con gli occhi celati,
la purezza di Fedro sì fatta poi carne.
Un fremito tattile vibra nel corpo,
lontano da desideri comuni.
L’ebbrezza tardiva l’attendeva errante,
ignaro la morte all’amore.
La mano protesa al suo pallido volto,
la bellezza che conduce all’inganno.
Capace di ascoltare l’istinto,
il poeta dalle mille virtù.
L’abiezione che a forza corrode
e calpesta, poi, ogni pura dignità.
All’uomo è dato delirare
per colmare ogni senso,
ogni rude coscienza.