Casal De’ Pazzi ai confini di un mondo,
dove i poeti non crescono più.
Genziane rosa affogate nel fango.
L’incanto eterno, amori di una gioventù,
resa impudica dall’ipocrisia.
Festa fuggevole di ripulse fragili.
Miti rossori, ancor più mite arrendersi.
Casal De’ Pazzi, alveari di polvere.
Matrice amara, borgata natia.
Ragazzi in cerca, ragazzi da vendere.
Anime escluse alluvionate e tragiche,
che il fiume in piena non porta mai via.
Di là dal ponte biciclette ai margini.
E bulli e belli, criminosi e poveri.
Bravate al danzo e bestemmiare inutile.
C’è sempre un muro,
tra illusione e futuro.
Dimmi che ancora sei qui,
che esiste un cielo, per il tuo volo.
Non è diverso per chi ci va…
Dimmi di quella poesia
Come di rosa, ferita accesa
La voce tua che dà
La voce del tuo coraggio a chi non ce l’ha.
Si spegne il sole a farsi male.
Casal De’ Pazzi ragazzi di vita
Sono ragazzi di morte ormai.
Non più speranza di uscire dal limite.
Brucia ricchezza e guai la meglio gioventù.
Diversa fame, diversa follia.
Festa fuggevole, amaro gioco il vivere,
e per morire… un’altra malattia.
Casal De’ Pazzi, dei pazzi sognanti,
un’ideale e già volano via.
Ali dischiuse dal fango alle nuvole.
Angeli dagli amori così liberi,
che non volendo si specchiano in Dio.
Di là dal ponte, c’è una Roma a perdere.
E gli atti impuri, ormai non uccidono,
un’innocenza già abortita al nascere.
Dimmi che ancora sei qui,
che esiste un cielo, per il perdono,
e la violenza si fa pietà.
Dimmi di quella poesia
Come di rosa, ferita accesa
La voce tua che da
La voce del tuo coraggio a chi non ce l’ha.
E farsi male. E farsi male. E farsi male